martedì 31 marzo 2015

Ho creduto di vederti




Ho creduto di vederti
nella mia via, nel mio paese,
ed un colpo subito mi prese,
credendo fossi Tu:
troppo bello per esser vero,
così non è stato.

Mi sembra di vederti ovunque
perché io son sempre con Te
anche se Tu non lo sai,
anche se Tu non lo capisci
né forse non lo capirai
mai.

Ho creduto di vederti
ma non eri Tu,
anche s’avrei preferito,
ma se fossi stata Tu
non una parola
avrei proferito.

Sol un Abbraccio
t’avrei dato,
stretto ed accogliente,
per lasciarci’l passato
alle spalle,
ma così non è stato.

Ho creduto di vederti
anche stanotte
ma era sol un sogno,
come quelli che mi seguono
ogni notte,
ogni infinita notte

da quando più non ci sei,
da quando ci sei senza esserci,
da quando sei nei pensieri miei e nel mio cuore
senza ch’io possa stringerti a me
come facevo allora,
in ogni quando.

Ma io allor e stanotte t’ho vista
con gli occhi della Speranza,
perché vorrei rivederti,
riabbracciarti senza proferir parola,
come quando ti vedevo
con gli occhi della Realtà.

Allor sì che sognavo,
anche ad occhi aperti io sognavo,
giorno e notte,
notte e giorno senza tregua,
ed il Sogno che facevo
portava il tuo splendido nome:

Felicità.


Poesia scritta il 12 dicembre 2014

domenica 29 marzo 2015

La sedia vuota




Sulla sedia dove Tu ti sedesti
quella sera del mio compleanno
per mangiar insieme la pizza
io mi siedo.

E mi sforzo di pensar a tuo modo,
di capire che cosa ti ha spinta
ad attribuirmi una colpa non mia,

a togliermi Tutto quel che mi desti,
la Felicità ch’ogni giorno mi davi,
quell’Alito contagioso di Vita,

e non capisco.
Non riesco a capir che è successo,
proprio non riesco a capirne io il senso.

E confidando non ci sia io mi consolo,
rifugiandomi in una forse vana Speranza,
cui aspiro.

La tua scomparsa è per me com’un lutto,
m’incoraggia pensar che ci sei
ma non basta.

D’immaginar come stai io mi sforzo,
di pensar ch’un errore Tu hai fatto,
ma è Speranza.

Quella sedia, quel posto lì è vuoto,
ha quella sedia l’infinito davanti
ma non ha ad ammirarlo
nessuno.

Le tue Mani tra i capelli vorrei,
le tue Mani a me addosso sul corpo,
nei miei polmoni il tuo Respiro di Vita,

quella Gioia ch’ogni giorno mi davi
io sapendo che su questa Terra Tu c’eri
e che potevo abbracciarti ogni volta.

Ed ora so ch’in Terra ci sei
ma Coscienza e Realtà prima era,
mentre Speranza e ovvietà ora è solo.

E mi rattristo a pensar ai tuoi Occhi,
a quel tuo Dolce Sorriso di Vita
che mi passavi allorché m’“inchiodavi”.

E mi chiedo di chi saranno i tuoi Occhi,
s’andata sei avanti lasciandom’indietro,
e mi rattristo.

Mi rattristo perché io qui son rimasto,
da quella lite mi son io fermato.
Fermato.

Sulla sedia dove Tu ti sedesti
quella sera del mio compleanno
per mangiar insieme la pizza
io mi risiedo.

E piango...


Poesia scritta il 4 dicembre 2014

sabato 28 marzo 2015

Perché eri il mio brivido




«Perché tremi?»,
sorpresa mi chiedevi,
e io non trovavo le parole
per spiegarti tal fenomeno
del perché così tremavo
com’una foglia.

«Perché tremi?»,
preoccupata ripetevi,
e io frattanto invano andavo
a cercar credibili risposte
sul vassoio argentato
da servirti.

E non ne trovavo
perché eri il mio brivido
ben oltre le nostre attente parole,
ben oltre quelle Sincer Effusioni,
fin dentro all’anima mia
ed al mio respiro.

Quando mi guardavi
io la tua Anima vedevo,
l’universo intero in me sentivo
e lo facevo mio con Te condividendolo:
mi sentivo me stesso, lo diventavo
con gli Occhi tuoi nei miei.

E non capivi
l’effetto tuo ch’in me sortivi:
con un dito io toccavo il cielo,
tre metri andavo io sopra il cielo,
con Te volavo al firmamento,
e Tu non te n’accorgevi.

E non capivi
il valor che per me avevi
e ti sminuivi
quando ti lodavo,
quasi come s’io eccedessi,
ma Tu sapevi che per me così non era.

Speravo
di valer per Te qualcosa,
considerato ciò che per Te provavo,
considerato ciò ch’insieme vivevamo,
ma Tu lasciata ti sei prendere la mano,
e non da me ma da Te Stessa.

Anche se tremavo
perché eri il mio brivido
convinta ti sei ch’il Bene tuo ed il mio
non fosse lo stesso medesimo, senza capir
che mi bastavano gli Occhi tuoi
per esser con Te una cosa sola.

Vi vedevo l’Anima tua,
vi coglievo l’anima mia,
vi avvertivo il tuo Entusiasmo
vi sentivo l’universo intero, sentivo
l’universo ch’io facevo mio grazie a Te
e vivevo, sì, vivevo.

E preferito hai
rinunciar a Tutto Questo,
al vedermi tremar per Te:
sì, era per Te che tremavo,
già da me tremavo, lo vedevi,
perché eri il mio brivido.

«Perché tremi?»,
Tu mi chiedesti, allora,
e io finalmente una risposta
scavando dentro me trovai
e ch’era l’emozione, ti dissi,
che Tu susciti’n me.


Poesia scritta il 18 novembre 2014

venerdì 20 marzo 2015

Soleluna - La Primavera




Lo so ch’odiarti io dovrei
pe’l motivo che Tu sai
e ch’invece minimizzo
perché poi di cor io T’Amo
senza perché.

Tu con tutta Te Stessa m’odi
per un motivo fantasioso
ch’è una scusa bell’e buona
quand’amarmi potresti,
di sicur lasciarti da me Amare:

d’esserne grandemente all’altezza
ho con i fatti dimostrato.

Noi Due siamo
come quei due coniglietti
ch’io a Te col cor donai,
due anni esatti or sono,
per augurarti con il cor

la miglior, fertil e più colorata
Primavera insieme a me:
opposti’n tante cose, antipodi,
ma complementari, e pur sempr’antipodi,
per via dei “nostri” colori,

come Sol e Luna,
Soleluna dell’eclissi d’oggi.

Un anno fa
dall’ospedal sortivo ma,
senza Te,
inverno era, già finita era
la mia Primavera insieme a Te.

Tu il mio Sole sei,
io come la timida Luna
mai mostro la mia faccia
ma insieme a Te son sempre.
Vorrei Tu fossi

ancor e nuovamente
la mia Primavera della vita.


Poesia scritta il 20 marzo 2015

giovedì 19 marzo 2015

L'ultima... cena




«Facciamo la cena il diciannove»,
mi proponesti,
ed ero lì alle sette ventinove,
come preferisti.

Ed in auto m’aspettavi
per insieme andar a prender dal cinese
e pur mi messaggiavi,
col telefono sempre alle prese,

di venir nella tua auto
per insieme andare, volare via:
arrivai da Te cauto
e subito ci mettemmo sulla via.

Vestita eri sportiva,
ch’eri Strabella io ti dissi,
e non vedevo l’ora d’abbracciar la refurtiva,
Te, e Tu andasti a far all’auto da sentinella.

E poi tornasti
e ripartisti
ed in auto m’aspettasti
e ci sentimmo pur ambo autisti,

senza cinture, spericolati
e per la fretta e per l’emozione,
anche s’eravamo a due isolati,
ma intervenuta non era la forzata rimozione.

«Facciamo la cena il diciannove»,
mi proponesti,
e così si fecero le nove
ma della Serata fummo i protagonisti.

E portato avevo due fette di torta
per condivider con Te i dei miei compleanni,
ma la Serata fu corta,
con Te sempr’il tempo volava con inganni.

Gl’inganni del tempo,
che volava s’era lieto, cioè sempre,
incauto d’un qualche contrattempo,
ch’arrivava rapido com’una lepre.

E la cena fu squisita,
forse perché stata clandestina era,
ma in un attimo era già finita
e Tu eri stata così veritiera.

E potei abbracciarti,
stringer a me la refurtiva,
a sparrecchiar volli aiutarti
ed eri contenta, si sentiva.

E fu l’ultima cena
ch’insieme facemmo nella vita
prima di questa messinscena
ch’indotto m’ha a far la di scena uscita.

«Facciamo la cena il diciannove»,
mi proponesti,
ed arrivai a casa ch’era mezzanotte trentanove,
felice e pensando «Che bello ch’esisti!»

Tu eri’l malloppo,
la refurtiva,
per breve tempo,
a seconda della prospettiva.

E fu la nostr’ultima cena,
dovevamo pur farla quella sera,
per fortuna pranzammo insieme altre due volte,
squisite perché sempre clandestine, ed a Verona ed all’Epifania.

«Facciamo la cena il diciannove»,
mi proponesti,
ed ero in piedi alle cinque zero nove,
vispo, e m’immisi nel traffico tra gli autisti,

forte di me,
e di Te,
ed aspettando
di riviverti ancora.

Com’allora.


Poesia scritta il 19 dicembre 2014

lunedì 16 marzo 2015

T'affievolirai - Impressa dentro me




Tra un mese potrò dire
che da un anno non ti vedo
ed è assai la nostalgia
del tuo Viso assai sereno.

E davvero assai mi duole
non vederti, non sorriderti
com’allora io facevo
quand’ancor potevo viverti.

E fuor scende la neve
come quando io mi persi,
quella sera, dopo aver noi litigato
più senz’aver recuperato.

Tu mi manchi:
e tra un mese questa frase
nessun senso più ess’avrà,
se non nel cor mio sofferente.

Sarà più il tempo del rimpianto
che quel pe’l qual vissuta t’ho
e nostalgia m’assalirà
ogni volta ch’a Te penserò.

E con il tempo t’affievolirai
e nei miei ricordi sanguinerai
per questo consolidato dolor,
non più a forza di sognare.

Nei miei ricordi t’affievolirai
ma nel mio cor mai lo farai
e lì per sempre splenderai,
impressa dentro me.


Poesia scritta il 28 dicembre 2014

domenica 15 marzo 2015

Chiedimi la Luna




Non chiedermi d’odiarti,
d’accontentarti e d’obbedirti’n questo
io non sarei’n grado.

Tutto puoi a me chiedere,
anche la Luna, Tu ch’il Sole sei,
fuorché d’odiarti:

cascasse il mondo,
non lo farò,
non lo farò perché Ti Amo.

Non chiedermi d’odiarti,
sentir non posso il contrario
di ciò ch’io per Te provo:

s’io facessi come Te, che m’odi,
se poi tutti facessero come noi,
che più non ci capiamo,

l’odio sulla Terra regnerebbe
ed estinti ci saremmo
già da tempo.

Ma noi gli opposti siamo,
diversi ma complementari,
e io, se Tu m’odi,

ma pur se m’amerai,
continuerò ad Amarti
perch’in Te credo.

Non chiedermi d’odiarti,
non sapresti quel che fai
perché forse Tu no

ma io so amare
ed amo Te
con tutto il cuore.

Non chiedermi nemmeno indifferenza:
al cor mio comandar non posso
e Tu la mia ragione di vita sei.

Non chiedermi di non considerarti:
di gran lunga morir preferirei,
anziché spegner il mio Sole.

Chiedimi la Luna:
m’è più facile prenderti la Luna
che smettere d’Amarti

con tutto il cuore.


Poesia scritta il 14 marzo 2014